Le Protesi Mammarie, comunemente impiantate per ragioni estetiche o ricostruttive, sono dei dispositivi medici ed in quanto tali regolamentati dal D.L 24 febbraio 1997, n. 46, attuazione della Direttiva Europea 93/42/EEC. In quanto dispositivi invasivi, perché destinati a penetrare nel corpo e a permanervi a lungo termine, vengono inquadrati come dispositivi medici di classe III, cioè alla classe di rischio più alta per la quale è previsto che l’Organismo Notificato, prima di rilasciare la certificazione CE, e quindi prima della immissione sul mercato, valuti con particolare attenzione la progettazione, qualità e produzione. Da quanto riferito e considerati i milioni di pazienti portatrici di protesi mammarie, si comprende come esse rappresentano i dispositivi medici impiantabili tra i più studiati al mondo.
L’istituzione di registri nazionali per le protesi mammarie e la collaborazione scientifica internazionale hanno migliorato nel tempo la sicurezza per le pazienti.
Nonostante la maggioranza delle ditte produttrici certifichino la qualità di produzione con una garanzia sull’integrità strutturale, non ne assicurano una durata illimitata.
Le aziende produttrici suggeriscono la sostituzione delle protesi mammarie ogni 10 anni dal momento che a tale distanza di tempo dal loro impianto anche le protesi di miglior qualità dimostrano una percentuale di rottura per consunzione dell’ 8% circa. Tale provvedimento può comunque non essere considerato obbligatorio.
Se il controllo ecografico annuale, del caso integrato da RMN, attesta l’integrità delle protesi, esse possono essere mantenute in sede anche oltre 10 anni.
Le protesi mammarie sono dunque sicure, anche se possono avere, seppur molto raramente e con percentuali al momento difficili da stabilire, effetti collaterali gravi.
La tipologia delle protesi impiantate deve corrispondere a quanto segnalato nel tagliando di identificazione del prodotto che verrà consegnato dopo l’intervento.
Indipendentemente dalle dimensioni e dalla forma, le protesi mammarie sono formate da un involucro di silicone che contiene gel di silicone o altre sostanze (soluzione fisiologica, idrogel).
IL CONTENUTO DELLE PROTESI
Protesi contenenti gel di silicone
sono quelle fino ad oggi maggiormente usate (diversi milioni di donne ne sono portatrici) e di cui, grazie ad un’esperienza clinica più che quarantennale, sono meglio conosciuti i risultati a distanza con riferimento sia ai risultati estetici, sia alle possibili complicanze o effetti indesiderati.
Anni or sono il loro uso fu sospeso negli Stati Uniti, solo per la chirurgia estetica, in quanto sospettate di provocare malattie neoplastiche ed autoimmunitarie e di mascherare la presenza di eventuali tumori della mammella in corso di mammografia. Studi allargati a grandi numeri di donne portatrici di protesi contenenti gel di silicone hanno potuto dimostrare che:
- le protesi mammarie non influiscono in alcun modo sulla formazione o sullo sviluppo di un tumore, né sulla sua cura.
- non esiste prova che malattie autoimmunitarie siano state causate dalle protesi: si tratterebbe di casuali concomitanze
- le eventuali difficoltà diagnostiche incontrate in corso di mammografia possono essere superate da un radiologo esperto mediante particolari manovre e proiezioni aggiuntive oltre che, laddove ritenuto opportuno, mediante un’eventuale Risonanza Magnetica Nucleare.
Mentre in Italia l’utilizzo di protesi contenenti gel di silicone non è mai stato sospeso, dal 2006 è stato riammesso negli Stati Uniti d’America anche per le finalità estetiche. E’ bene ricordare che il silicone (i cui elementi fondamentali sono il silicio e l’ossigeno) è il costituente anche di numerosi altri prodotti utilizzati in medicina (cateteri, rivestimenti di “pace makers”, sonde, etc) ed è contenuto nell’acqua che beviamo.
Il gel di silicone contenuto nella protesi può avere una consistenza più o meno morbida.
Le protesi dell’ultima generazione, in ogni caso, contengono un gel “coesivo”, discretamente consistente. Ciò rappresenta un elemento di maggior sicurezza.
In caso di rottura del guscio della protesi, infatti, il gel non si spande all’esterno.
Dopo l’inserimento delle protesi la consistenza della mammella dipende
- dalla consistenza del gel di silicone
- dalla quantità e dalla consistenza dei tessuti mammari della paziente: in pazienti magre con pelle sottile e scarso tessuto mammario la presenza della protesi potrà essere percepita alla palpazione.
Protesi contenenti soluzione fisiologica (acqua e sale)
hanno lo svantaggio di una consistenza meno naturale di quella propria delle protesi contenenti gel di silicone, di provocare, in taluni casi, il rumore dovuto ai movimenti del liquido in esse contenuto e di avere tendenza a perdere liquido e di conseguenza volume col passare del tempo.
Protesi contenenti Idrogel (acqua e particolari zuccheri)
sono meno impiegate e, in alcuni casi, hanno dimostrato delle variazioni di volume nel tempo.
LA SUPERFICIE DELLE PROTESI
Tutte le protesi mammarie hanno un guscio di gomma di silicone, la cui superficie può essere classificata come segue:
- Protesi lisce. Fra queste sono da annoverare anche le “nanotesturizzate”, cioè protesi con superficie minimamente ruvida, quasi liscia. Hanno il vantaggio di poter diminuire la lunghezza delle incisioni cutanee necessarie alla loro introduzione e di ottenere una consistenza più morbida e naturale.
- Protesi microtesturizzate, con superficie scarsamente ruvida
- Protesi macrotesturizzate, con superficie ruvida
- Protesi poliuretaniche con superficie ricoperta da una schiuma di poliuretano. La loro introduzione richiede di praticare incisioni cutanee lievemente più lunghe rispetto alle protesi tradizionali e la loro rimovibilità può comportare difficoltà chirurgiche nel corso del primo anno successivo all’impianto.
Il 2.4.2019 il Ministero della salute francese ha vietato l’utilizzo delle protesi mammarie “macrotersturizzate”, cioè delle protesi a superficie ruvida, in quanto sospettate di favorire la formazione di un raro tumore (Linfoma Anaplastico a Grandi Cellule) che origina dalla capsula periprotesica, cioè dai tessuti circostanti la protesi impiantata. Tale neoplasia, curabile con l’espianto della protesi e del tumore, insorge in un caso ogni 30.000 pazienti e sembra possa verificarsi solo dopo impianto di protesi mammarie macrotesturizzate e poliuretaniche. In tutto il resto del mondo rimane utilizzabile ogni tipo di protesi mammaria. Rimane aperto il dibattito scientifico rivolto a stabilire quale possa essere il tipo di protesi mammaria da preferire. Ma la strada da percorrere per giungere a tale definizione è ancora molto lunga, nonostante gli studi scientifici consentano di disporre di un numero sempre maggiore di dati.
Ogni protesi, secondo le caratteristiche della sua superficie presenta vantaggi e svantaggi sulla base di una diversa interazione con i tessuti del corpo nel quale viene introdotta. Ciò rende complicata sia l’informazione da dare alle pazienti candidate all’intervento di mastoplastica additiva, sia la scelta della protesi.
Per tentare di chiarire questa problematica, riporto schematicamente nella seguente tabella i vantaggi e gli svantaggi di ciascun tipo di protesi sulla base delle caratteristiche della sua superficie.
COMPLICAZIONI | PROTESI LISCE | PROTESI MICRO | PROTESI | PROTESI POLIURETANICHE |
ROTAZIONE PROTESICA | ALTO | ALTO | BASSO | NULLO |
RETRAZIONE CAPSULARE | MEDIO | MEDIO | MEDIO/BASSO | NULLO |
FORMAZIONE SIEROMA | BASSO | BASSO | MEDIO | BASSO |
RISCHIO DI ALCL | NULLO | BASSISSIMO | BASSO | BASSO |
Una sintetica spiegazione delle complicazioni citate nella prima colonna della Tabella:
- Rotazione: la protesi non si “fissa” ai tessuti circostanti e ruota su se stessa. Se la protesi è a forma di goccia, cioè “anatomica”, la sua rotazione provoca una deformità della mammella” Se è invece di forma rotonda, la sua rotazione non porta a modificazioni visibili.
- Retrazione della capsula periprotesica. L’organismo reagisce all’impianto della protesi formando attorno ad essa una capsula di tessuto fibroso, di norma sottile e impalpabile. In particolari condizioni, favorite da minime infezioni locali o da versamenti di sangue, la capsula può aumentare il suo spessore e provocare dolore e modificazione della forma e/o della posizione della protesi.
- Sieroma – si tratta della formazione di liquido attorno alla protesi in variabile quantità. Talora dovuto alla frizione provocata dalla superficie delle protesi macrotesturizzate sulla capsula periprotersica.
- ALCL – Linfoma Anaplastico a grandi cellule. Si tratta di un tumore che origina dalla capsula periprotesica e che nella maggior parte dei casi si manifesta con la formazione di un sieroma e quindi con l’aumento delle dimensioni della mammella.
DIMENSIONI E FORMA DELLE PROTESI
Per quanto riguarda le dimensioni, la scelta dipende dalle preferenze della paziente solo entro certi limiti.
Debbono infatti essere rispettate le dimensioni toraciche e quindi l’equilibrio armonico: una protesi di grandi dimensioni non si adatta al torace sottile di una donna piccola e magra.
Per quanto riguarda la forma, esistono protesi rotonde, con base sempre circolare – che in genere riempiono maggiormente il polo superiore delle mammelle – e protesi “anatomiche” cosiddette “a goccia”, di forma più naturale. Ciascun tipo di protesi, a parità di altezza e dI larghezza della sua base di appoggio, può avere una proiezione (cioè un profilo) variabile, tale da conferire alle nuove mammelle una sporgenza anteriore più o meno accentuata.
In sintesi, la scelta della protesi più adatta dipende fondamentalmente dalle dimensioni della mammella e del torace della donna e solo entro certi limiti dalle sue preferenze.